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Colpo di luna


E' vasto il cielo sulla spiaggia tiepida,
vasto di stelle alitanti leggere
sul regolare respiro del mare:
attendono prostrate dalla luce
della luna, ch'emerge di tre quarti
levando un po' la prua sull'orizzonte.

Gonfio, il mare risucchia il suo sonno
come un cucciolo che allatta.
Attende, sbavato, la luna
che tiene alta, senza guardare,
la sua fronte di vergine aliena.
Toccando con estrema cura
infinite stazioni intermedie,
galleggia, palpando lievemente
i contorni perduti delle cose,
senza aggravarsi di certezza alcuna.
Naviga nel cielo lentamente
per rotte irreprimibili e profonde.
Le avverte il mare...
si torce appena,
inaspettatamente,
l'estremità di un'onda.
La luna indaga, riottosa, la notte
con la dolcezza d'un fluido
che trabocchi;
sul mare resta una scaglia salata.

A questa notte,
stupefatta del fascio del faro
che lento l'esplora e la denuda,
a questa notte è appeso in fluttuazione,
come un'amaca, il nastro che trasporta
i dormienti nel tempo.
Le spalle nella sabbia che si fredda,
da stella a stella intenzioni spaziali,
a occhi aperti dissipate
calcolandole,
reattivamente increspano
brevi ed intensi fremiti
(riflessi scorrenti di specchi
frantumati a fior d'acqua dal mare),
attentamente dispersi,
adesso,
nell'oscurità vacillante
del cielo assorto
che l'ascesa della luna recide.
Notte d'estate vitrea di stupori
di lontananze opache ad ogni senso
dei generati per guardare a terra !

... A volte
è straordinario lo stacco del mare:
s'ode il suo respiro profondo,
unico,
che trattiene quanto più può
su un'ultima liquida soglia
che si solleva incombente
il balzo, il dilagare,
oltre la diga intestina, dell'onda.
Scatta qua dentro un pendolo e l'aspetta
avvitandosi sopra se stesso
per agganciarsi all'istante che arriva...
attende fino a quando
mille minute frange, dissociate
con un sommesso sospiro,
giungono quete alla riva
e, avvicendando il loro disappunto,
riprendono a tessere la trama
interrotta del loro mormorio.
Oh se non aspettassi qualcosa !

Il mare s'affida alla luna
che lo soppesa...
... Sorrisi confusi
di contrasti improvvisi e retratti,
di vaghi disagi.
Slanci unilaterali e prematuri
rimasti per sempre rattrappiti...
Quanti desideri impensati
quante ossessive ragioni
impongono la notte il tuo cospetto...
Qua dentro
a mia insaputa è rimasto impigliato,
infossato nel vivo,
un filo sottile e tagliente
che tratto tratto mi provoca
una costrizione vitale
una stretta dolorosa
una morsa imminente.
Nemmeno tu puoi estrarmi questo filo
- lungo rigido filo
che da quando t'ho vista a te mi avvince -
tu sola, col tepore del tuo fiato,
puoi renderlo a piacere così duttile
da suturare il muscolo intaccato.
Come non scivolare
slittando di sgomento
da un piano liscio,
specie se impacciati da un carico
di tenerezza e di angoscia,
specie se irresoluti e impazienti,
come potrò non sfuggire
in questa virtuale vicenda
da te,
dalla tua anima
piallata e ripiallata dalla noia ?
Oh ! se tu, tu sapessi
che illimitata espansione
sento a volte qui dentro,
quale presentimento esclusivo
d'un irripetibile abbrivo,
quale risucchio nel cuore
sento montare incontenibilmente
in un irrecusabile avvento,
che non tracimerà fin quando riesco
a non voltarmi, a non guardare indietro...
aah !
ecco disancorarsi
scartando senza attrito
come un relitto che non regga al flusso,
all'ampia piena sottentrando, un fiotto
che un'ondata allungandosi schiva.
E' religioso
l'altalenante equilibrio del mare,
religiose
l'inibizione felpata,
la desistenza sfiancante
per cui le onde, compunte,
tornano a prosternarsi alla riva,
ch'è l'orizzonte
e lo screato inumato del mare.
Lenta una vibrazione si diffonde
dilucidando la trapunta amorfa
mentre ormai s'è smagliata la tensione.
Nel buio si sparge un più largo chiarore;
l'acqua
sotto la crosta specchiante
è gelida.

Di nuovo,
mentre l'allume della luna è fermo
a stagnare il cielo, sotto pelle
irrorato di stelle impicciolite,
uno sciatto tepore insoddisfatto
da lontano ritorna a intorbidire
la coltre di lacca del mare.
Delle altre correnti irrequiete
nell'acqua uniforme e rinchiusa
riportano il lembo dell'onda
a tastare qua e là cautamente
la prosodia di mantici del cerchio
che non vogliono forse superare.
La riva si snuda del tutto
nella sua lunga bianchissima lama...
via, ancora inutilmente
via da essa slitta senza presa il mare,
indugiando aggrondato e inconcludente
nel suo cupo silenzio respinto.
Forse il mare è istoriato
come l'immensa vetrata
d'una cattedrale sonora.
Forse la notte
è il tabernacolo immenso
della monotona angustia del mare;
ed il petto un anfratto
sciangottato dalle onde
nel quale un confessore sconsacrato
non perda alcuna delle tue aspettate,
remittenti parole
(ogni giorno più monche, più impazienti
e, chi lo sa, più accorte)
ma non sappia impetrare la fiducia
che, salpando, un mattino ho trascurato
di levare con l'ancora a bordo.
Un'onda sopravviene incontro svelta,
appena avvistata la riva,
squarciandosi un varco tra l'altre
senza rumore né sforzo.
Il vento si tuffa improvviso
in una sequenza incalzante,
in un asfittico rush
a traguardare il niente,
dal quale si ritrae l'ansia rappresa
del prossimo istante impellente:
pare infine allentare un poco il morso...
ma intanto, momento per momento,
(di per sé solo quasi irrilevante
ma, quale goccia di uno stillicidio,
anch'esso indispensabile e assillante)
rinasce, astringente e possessiva...

Apoplessia del cielo, sopraffatto
dalla pressa d'argento che si spande.
Il mare è tutto un lago di rugiada
e ventate di menta, d'erba cedro
arrivano dai colli non lontani.
Comunione dolcissima di luna
in un'inconsistenza essenziale,
in un culto continuo e riluttante;
evidenza divina,
riverbero gelato ed esigente
del suo nitido quarzo resecante !
Come la recessiva carezza
d'un essere incorporeo
così un'immagine latente
nella camera oscura della notte
a volte impressiona in negativo
il bromuro d'argento lunare
e sfiora muta la gola e la stringe
con consapevolezza progressiva
fino a uno spossamento soffocato...
Vivido solco di luna
ed eliminazione lancinante
di un volto, di sguardi tuttora
e con un crudo taglio rinnegati...
Occhi svenati d'amore
che ho quella mattina abbandonato...
Occhi indifesi
nel sonno la notte mancanti.
Rotte senza un approdo
in plaghe rifluenti senza assalti,
dall'acqua stessa inappagate e colme:
nei suoi occhi era il porto che ho lasciato !

Trascolorar lentissimo di cielo
dietro la nuvolaglia,
scadimento
degli scogli nell'acqua che ristagna
in questo emungimento antelucano
della risacca infiacchita delle ore.
Ali di vento radenti e sbiancate...
tra la sabbia è il rifugio del mare
a ogni nuovo ingoiato cedimento.
Una pallida spugna,
intasando la gola,
assorbe, insieme con ogni rigurgito
di rimpianti tardivi e spaesati,
lo spaurito pensiero
di non saper più rinunziare
e forse a troppe cose.
Voglio aspettare ancora,
come un solo incessante episodio,
i suoi scoraggianti, istantanei
cambiamenti d'umore;
attenderò, se sarà necessario
a lungo,
la prossima rinunzia,
la prossima
riconciliazione d'amore.

Qualcosa rivelandosi s'annienta:
profondo venir meno della notte
che ha smorzato in silenzio le stelle
mentre solo una spoglia persiste,
stralunata, a contendere un poco
il cielo al propagarsi
di quest'irreprimibile ascensione
di trasparenze in strati sovrapposti.
I raggi sono i trapani del mare,
gli attimi sono i trapani dei sensi...
... Ed ora ?

... Perno intrinseco
d'un orario ch'è fine a se stesso
(i giorni e gli anni
si disaggregano in ore
ed in minuti,
dissezionati in secondi),
rotella del moto perpetuo
che a ogni giro arrota al futuro
- inaccaduto -
un altro invisibile spicchio
con astratta orbitante insistenza,
- improrogabile e eterna,
sola vera presente durata
di questa rastremata giovinezza
che, ad ora ad ora sospesa, nell'anima
trascorre da se stessa:
l'attesa fa sembrare il tempo eterno -
tra un ultimo attimo ancora,
appena ha temperato la sua vampa
nell'acqua impallidita sotto un cielo
orbato di tutte le sue stelle,
innalzerà il monocolo stillante
dal mare, elettricamente imbastito
di brividi correnti di chiarezza,
e ai mortali farà chinare gli occhi,
ignorante e inguardabile,
il sole.

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