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La luna nel pozzo


Bassa di viti, a righe, una distesa
scende dalle colline fino al mare.

Non puoi vederla tu; tu sei straniera.

La notte cuce i lembi ancora freschi
della strada costiera che la sventra.
Lascia che spenga i fari; il loro fascio
inacerbisce anch'esso la ferita.

Dammi la mano e non aver paura.
So questa terra impuntita di stecchi
e so scansarne ad uno ad uno i pruni.
Ti porterò a specchiarti con la luna.
No, cosa credi, non siamo in montagna
e non zampilla in questa sabbia l'acqua;
sotto la terra qui ritrovi il mare.

Dammi la mano, la notte è lunare.
Quella è una ciminiera di fornace,
chi sa da quanto tempo abbandonata.

Ciminiere di sassi conficcate
nel grembo della terra sono i pozzi.
Qui ce ne sono tanti, a cielo aperto.

No, non si beve l'acqua che s'attinge:
la si riversa nuovamente in terra
a irrigare d'amaro questa sabbia.

"Perché l'hanno scavati, allora?" chiedi.
L'hanno scavati a far da cannocchiale.
Vieni a guardare; aff&agravecciati qui all'orlo.
Quando sarà la luna a perpendicolo
potrai avvertire l'acqua sollevarsi
come se la gonfiasse la marea.

La luna è chiara e passa senza impronte
ma queste bocche schiuse nella terra
sanno suggerne al buio un breve bacio.
Senti l'acqua che monta nel camino?
No, non si vede, il pozzo è troppo fondo.
Si sente solo come un gorgoglio,
come un respiro trattenuto in gola.

Dammi la mano, la notte è lunare.
E quanto chiari a me sono i tuoi occhi!

Ripartiamo con l'auto contromano
e la strada è una bianca cicatrice.
Procedo dritto; non mi guardo ai lati.
So questa terra impuntita di croci
e so scansarne ad uno ad uno i segni:
quella è una ciminiera di fornace,
chi sa da quanto tempo abbandonata;
e quelli sono pozzi ormai interrati.

Dammi la mano e reclina la nuca:
non puoi vederli tu; tu sei straniera.

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