Le opere

La stella promessa
Frutto di un percorso di tanti anni di ricerca e di visionarietà, la poesia di Calabrò ha raggiunto un equilibrio perfetto tra lirismo e racconto. La sua poesia non teme il pensiero, né, a tratti, la profezia, il trasalimento, l'augurio. La sua poesia tenta con coraggio di essere essa stessa una natura, la scienza dello spirito e insieme un mondo, la "terra celeste", in cui il mondo stesso, quello reale della gente e dei fatti, possa ritrovare il proprio senso. Calabrò sfida l'insensatezza. Alla poesia riconosce l'estremo appello di essere quella libertà che incenerisce qualsiasi demenza quotidiana - il muro cieco delle cose.

La stella promessa


Recensioni

Un libro vario e complesso questo nuovo di Corrado Calabrò La stella
promessa, per la molteplicità della sua ispirazione, che va dalla poesia di stampo narrativo con la quale si apre, contenuta nel poemetto Roaming, alle poesie d’amore che ne costituiscono la parte più cospicua.

Sospeso tra la realtà e l’invenzione fantastica, Roaming parte da un sogno fatto dall’autore, il quale rivede in veloci sequenze il terremoto di Reggio e di Messina del 1908, per giungere poi alla visione di un’immane catastrofe: quella dell’impatto di un asteroide con la luna, che produce sconvolgenti ripercussioni sulla Terra: “Io sto guardando l’emisfero australe! / E se la Terra fosse deragliata / dalla sua orbita?”; “Il due dicembre un immenso risucchio / ha ingoiato il lago Titicaca”; “Son tramontate le Pleiadi di Saffo / e l’alone dilata la Luna”; ecc.

Tra digressioni proiettate nel passato (“Guardava l’eruzione del Vesuvio / Plinio il Vecchio da bordo della nave”) e profonde meditazioni sull’arte dello scrivere (“Non si scrive per i contemporanei / né per i posteri e nemmeno / per noi, ma per un altro se stesso”), il poeta perviene alla conclusione del suo poemetto, che è questa: “Sotto stupite stelle / si smarrisce per noi la distinzione / tra provenienza e destinazione”.

Se in questo poemetto Calabrò ha mostrato le sue capacità di uomo di
cultura, che sa giovarsi anche delle conoscenze scientifiche per fare dell’alta e pensosa poesia, nella seconda parte del suo libro, intitolata Password, egli ci offre un canzoniere amoroso che ha tutto il fascino e la freschezza dell’autenticità del sentimento, congiunti però ad un’arte consumata del verso.

Si avvertono qui infatti lo slancio e l’immediatezza che sono proprie di chi prova realmente una forte passione amorosa, ma s’avverte pure quell’assorta pensosità che è di chi ha a lungo riflettuto sulla complessità del fenomeno amoroso e sul suo evolversi. Si va così dalla pura letizia del primo manifestarsi del sentimento: “Accorre improvvisa al mio petto / la tua giovinezza / e lo gonfia / come la terra a primavera” (Accorre improvvisa); “Dio mio, l’alba! / Se aprendo gli occhi, adesso, / mancasse la tua mano / a trattenere il lembo della notte” (Alba di notte); “Sulla mia spalla stanca la tua guancia” (Sbianca il giorno) sino ad una più serena e affettuosa visione del tempo vissuto insieme alla sua donna: “Trent’anni, oggi, che siamo in questa casa; / trent’anni, quanti ne hanno il cedro qui / e l’ultimo dei nostri figli altrove” (Coppe carnose di camelie); “Come gocce nell’acqua corrente / i nostri anni nel tempo / come pagine scritte e non lette / d’un libro sottratto di mano” (Il segreto del vetro) e all’attesa sofferta dell’ultimo addio: “Spegniti un attimo dopo di me / te ne prego / o aspetta almeno a spegnere la luce / finché non rientro / così che aprendo il portone io non trovi / la casa spenta” (Commodus discensus).

È questa ricchezza di sentimenti, espressi in maniera incisiva e limpida,
che costituisce il dono principale della poesia di Calabrò, il quale sa cogliere aerei momenti, degni dell’Antologia Palatina (“Jessica, che alzandoti / sulle lunghissime gambe / meravigli il mattino…”, Jessica che levandoti), così come sa soffermarsi a volte per scavare a fondo nei recessi dell’anima (“Alla notte / anche questo giorno si consegna. / Come la notte al giorno / come il giorno alla notte mi manchi”, Duale).

Ne scaturisce una poesia alta, che ha il pregio della modernità unito a
quello del costante rispetto della forma: il che è poi quanto si richiede ad ogni manifestazione d’arte degna di questo nome.

Liliana Porro Andriuoli
(da “Nuovo Contrappunto”, Anno XIX, n. 3, Luglio - Settembre 2010)