Poesia altrove?

Ebbi la fortuna di vedere pubblicate le mie prime poesie, scritte tra i quindici e i diciotto anni, da Guanda (all’epoca grande editore di poesia), in una collana minore. E furono  bene accolte, dando luogo addirittura a una querelle letteraria tra Domenico Rea e Pietro Cimatti. Spontaneismo, istintività d’artista, immedesimazione nella natura per innato talento vedeva nella mia poesia Domenico Rea. Ma quale freschezza istintiva!  gli diede sulla voce Cimatti; la poesia di Calabrò non va verso il sud dei sentimenti primitivi, naïfs, sanguigni, va verso il nord metafisico delle ricerche di assoluto, colte e sapienti sotto il palpito dei sentimenti.

Poi venne quello che J. P. Aron ha definito il periodo di glaciazione della cultura e s’impose in poesia l’artificio, il rifiuto di qualsiasi significato, il pregiudizio per cui prima si stabiliva chi erano i poeti (gli appartenenti a un certo gruppo) e poi che cos’era la poesia: il prodotto esclusivo degli appartenenti a quella cerchia.

Io non appartenevo a nessuna congrega; per di più in quegli anni, vincendo un concorso dopo l’altro, ero diventato, giovanissimo, Consigliere di Stato. Venni ostracizzato spietatamente.

Tuttavia, malgrado la Congrega degli Arzigogolati, Guanda pubblicò una mia nuova raccolta di versi, col titolo Vuoto d’aria. Il libro ebbe successo (tre edizioni tra il 1979 e il 1980) ma questa volta ero io che tenevo sotto traccia il fatto che ne fossi l’autore. Il rischio, infatti, per chi si sia affermato in un’altra professione  è che si dica “Come magistrato è un buon poeta; come poeta è un buon magistrato”.

Nel frattempo, comunque, la mia poesia si andava diffondendo all’estero in maniera sorprendente. Tutto nacque da incontri e presentazioni di poesie all’estero negli anni 80’ e 90’: a Malmö in Svezia, sul lago Balaton in Ungheria, a Kavala in Grecia, in Ucraina all’Università di Odessa, in Romania alle Università di Timi şoara e Bucarest.

Ma la svolta avvenne nel 2007. Con un numeroso gruppo di poeti di ogni parte del mondo facemmo un tour poetico in Messico. Io presentavo il libro Alba en la noche, pubblicato poco prima in Messico (attori di lingua spagnola recitavano le poesie degli autori di altra lingua). Tra i partecipanti vi era Luis Alberto de Cuenca, raffinato poeta madrileno e stimato professore universitario, già Ministro per la cultura nel Governo Asnar. A lui le mie poesie piacquero moltissimo: quelle tradotte e ancora di più quelle non tradotte (avevo con me un paio di libri). Fu Luis Alberto a mettermi in contatto con i maggiori editori spagnoli, che hanno pubblicato più edizioni delle mie poesie. L’ultimo libro uscito in Spagna è Acuérdate de olvidarla, al quale nel febbraio 2015 è stato conferito il Premio Internacional de Literatura Gustavo Adolfo Béquer.

Anche in svedese ho molte pubblicazioni: alla presentazione dell’ultimo libro Vid Slocnad Måne, hanno assistito cinque Accademici.
Nel maggio 2015, poi, sono andato a Mariupol, al confine tra Ucraina e Russia. Ci sono andato –non lo nascondo- con qualche esitazione, dato lo stato latente di guerra che c’è nella zona. Ma l’accoglienza mi ha ripagato ampiamente dei rischi e dei disagi del viaggio. E’ stata una festa di popolo, con dozzine di bandierine tricolori, danze e canti già nelle strade e poi nell’Aula magna dell’Università dove ho tenuto la mia lectio magistralis.

E’ così che i miei libri pubblicati all’estero (32, in 20 lingue) sono persino più di quelli pubblicati in Italia (22); e probabilmente, come poeta, sono più conosciuto abroad.

La poesia è forse un altrove.

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